lunedì 3 febbraio 2014

Un cocktail d'amore

Il web è un ricettacolo di ottimi consigli non richiesti.
I consigli non richiesti si allineano e proliferano come miuscoli microrganismi fino a prendere forma, l'inconfondibile forma del blog.

Tra i blog, i fashion sono il massimo nel tratteggiare vite al limite del plausibile.
Giorno dopo giorno vengono esposte tutte le struggenti problematiche tipiche di quelle donne che non riescono a prepararsi in meno di due ore; quelle chimere che usano almeno tre creme viso, una base trucco, un primer, un toner, un fondotinta, cipria e fixer; quelle che vanno in ufficio col tacco dodici e riescono a programmare nella giornata almeno un paio di ritocchi al makeup.
Non sono sicura di aver mai visto qualcuno di così equipaggiato. Se questa gente esiste veramente, certo neppure i sette gradi di separazioni le rendono vicine ai miei circuiti.

La settimana scorsa, mentre ero intenta nel cercare "immagini evocative" sono incappata in un interessantissimo articolo tema cocktail (qui).

"Fatti in un momento della giornata in cui si è soliti staccare dal lavoro, si arriva spesso a pensare che ci si possa presentare reduci di tutta la giornata. Nulla di più sbagliato. Il momento del cocktail è un momento in cui si dovrebbe sognare. Dunque, se proprio non potete cambiarvi, assicuratevi almeno di essere pettinate, ben truccate, profumate, rinfrescate."

L'ansia.
 
Posto che il concetto di "staccare dal lavoro" spesso e volentieri non è detto che coincida -ahimè- con l'orario aperitivo, il fatto che una volta varcata la soglia dell'ufficio io possa essere "pettinata, ben truccata, profumata e rinfrescata" è una ipotesi altamente improbabile. 

Forse perchè il fondotinta a metà mattinata ha già abbandonato la mia faccia per finire fisso ad imbrattare il bianco candore della mia tastiera di design.
O forse perchè il kajal mi cola fin sulle gote e se solo potessi rosicchiare uno stelo di bambù sarei la perfetta controfigura di un panda gigante.
Forse perchè tutte le volte che cerco di sembrare una "signorina" qualcosa va storto ed allora inciampo, mi macchio con il pranzo o come minimo mi rincalzo le mutande nella gonna.

E poi l'uffcio è spesso scazzo e lo scazzo è quanto di più lontano ci sia dal sogno.

Il sogno me lo porto da casa.
Ed è comodo, impigiamato, soffice e rotondo.
Non abbiamo bisogno dei balli, abbiamo smesso di sentirci cenerentole fiammiferaie.

Il sandalo gioiello è più finto del tesoro di Willy l'Orbo.
Il tacco duole.
Al tacco preferisco il tacchino. Con le patate.

Un altro cocktail, prego.

 

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